* DEMOFILO FIDANI *(1914-1994) |
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![]() “La morte fisica non mi fa paura. Demofilo Fidani nasce l’8 febbraio 1914 su un piroscafo diretto in Sardegna. E’ stato pittore – come più di ogni altra cosa amava definirsi – e molti dei suoi quadri figurano in collezioni pubbliche e private. Per lunghi anni ha anche svolto l’attività di scenografo, sceneggiatore e regista cinematografico (chi non ricorda la serie di Sartana!). Amico di Federico Fellini, per la sua lunga attività gli venne conferita, nel 1975, la medaglia d’oro “Una vita per il cinema”. Appassionatosi allo studio del paranormale con l’amico Renato Piergili, scoprì nel 1936 la sua medianità. Ha concluso la sua esperienza terrena il 4 aprile 1994 (Lunedì dell’Angelo). Il MediumDemofilo Fidani è un nome ormai noto a tutti gli appassionati e agli studiosi di medianità e di fenomeni paranormali. Demofilo è forse l’ultimo dei grandi medium “ad effetti fisici”, l’ultimo anello di una catena che si è allungata per generazioni e generazioni e che sembra ormai sul punto di estinguersi. Introdotto da un amico medico (Renato Piergili) alle pratiche spiritualistiche, scoprì di possedere grandi qualità medianiche, che affinò con umiltà e con passione fino ad ottenere risultati stupefacenti. Dalle prime interrogazioni sulla veridicità delle manifestazioni provenienti da un’altra dimensione, fino alla medianità vissuta in prima persona, l’itinerario spirituale di questo grande personaggio si è arricchito di esperienze straordinarie e illuminanti. Negli anni quaranta del secolo scorso si sottopose ad una serie di riunioni controllate, presso la sede dell’Istituto Italiano di Metapsichica, all’epoca ubicato in via Sistina a Roma. A queste riunioni parteciparono il Prof. Ferdinando Cazzamalli, il Prof. Francesco Egidi e la moglie Linda Murri, l’Ing. Vittorio Perrone, il Prof.Calligaris ed il Prof. Bonfiglio che, vista l’eccezionalità delle facoltà di Fidani, gli proposero un impegno della durata di alcuni anni per sottoporlo a quattro sedute mensili da effettuarsi in varie città in Italia, America, Francia, Germania e Gran Bretagna. Tutte le spese sarebbero state a loro carico e Fidani avrebbe ricevuto anticipatamente, seduta per seduta, un compenso in valuta italiana pari a £ 500.000 (negli anni ’40 la paga mensile media degli operai era di £ 20.000). Demofilo Fidani rifiutò la proposta e per tutta la sua vita non lucrò mai, in nessun modo, sulle sue facoltà. Nella sua abitazione, dove regolarmente si tenevano le sedute, si poteva assistere ad una medianità completa, totale, dalla scrittura automatica eseguita con entrambe le mani alla tiptologia, alle penne che si sollevavano da sole e in pochi secondi, con velocità incredibile, scrivevano pagine e pagine di messaggi tra i più diversi e in diverse lingue e grafie. Si potevano ascoltare le rare “voci dirette” che, circolando nell’ambiente si dirigevano di volta in volta, anche contemporaneamente, verso le persone con le quali le Entità desideravano parlare. I dialoghi potevano essere di carattere affettivo ed espressi con estrema semplicità, ma per la maggior parte trattano argomenti di spessore altamente morale e intellettivo. Si poteva assistere a fenomeni di materializzazione (apporti di tutti i tipi) e di smaterializzazione, ad apparizioni e materializzazioni (parziali o complete) di Entità e alla realizzazione di suoni armonici eseguiti da strumenti trascendentali. Tutti i partecipanti potevano assistere alla levitazione del medium (con la poltrona ed a volte anche con il tavolo su cui si poggiava durante la riunione) che avveniva quasi sempre a fine seduta per eliminare le energie medianiche residue. Sono stati eseguiti anche esperimenti di bilocazione del medium che, legato ad una sedia e chiuso in una stanza sigillata, è stato visto a Piazza di Spagna, a Parigi, a Johannesburg, a Bangkok. In una sua bilocazione su di un altro pianeta ha riportato una “pietra” che, fatta analizzare risulta composta da elementi sconosciuti. Per questo, come ha affermato Massimo Inardi che ebbe occasione di partecipare ad alcune riunioni, la medianità di Fidani è una di quelle che rimarranno nella storia della parapsicologia, sia per il modo con cui si estrinseca, sia per i fenomeni che essa produce e che non hanno niente da invidiare ai celebri medium del passato. Tutta la fenomenologia fu anche studiata a fondo da Ian Stevenson. A parte i fenomeni fisici, che possono colpire l’attenzione e alzare il velo su possibili nuovi orizzonti, quello che più conta è il contenuto intellettivo delle manifestazioni medianiche, una serie di insegnamenti che si collegano alla morale universale. Dopo più di cinquantanni di attività nel mondo dello spiritualismo, Demofilo Fidani, che aveva a lungo difeso la sua riservatezza, decise di divulgare le sue esperienze personali per comunicare ad altri il significato della sua lunga ricerca. Nei suoi lunghi anni di attività Demofilo Fidani ha ricevuto un’enorme quantità di lettere e di richieste di persone che cercavano un contatto con i loro cari che si erano “manifestati”. Fidani ha sempre cercato di esaudire ogni richiesta, di aiutare senza mai chiedere niente in cambio e spesso ha portato serenità e consolazione, gioia e speranza. Sulla medianità di Fidani andrebbero scritti interi volumi come ha rilevato Manuela Pompas, ma ciò che più conta è l’esperienza interiore, il contatto che ciascuno, nel momento in cui vive l’evento medianico, ottiene tra la coscienza e l’anima: vivere certe esperienze può cambiare una vita. Varcati i settant’anni, Demofilo accantonata la sua lunga attività di regista cinematografico ma non quella di pittore, che lo aiutava ad esprimere la sua sensibilità artistica, continuò a diffondere il suo messaggio con immutato impegno e rinnovata energia. Tutti ormai conoscevano Demofilo Fidani. Era bello incontrarsi con lui e vederlo puntualmente arrivare con il suo classico cappello di paglia ed il bastone, accompagnato dalla sua cara moglie Mila, a tutti i convegni di parapsicologia e di spiritualismo. A maggior comprensione della levatura di un personaggio come Demofilo Fidani, riportiamo l’articolo commemorativo scritto dalla Dott.ssa Paola Giovetti nel vol. 115, fasc. 1, gennaio-marzo 2015, alle pagg. 22-37 della nota rivista “Luce e Ombra”. RICORDANDO DEMOFILO FIDANI – Una medianità eccezionale –di Paola Giovetti Venti anni fa, nel 1994, moriva a Roma, la città dove era nato e sempre vissuto, Demofilo Fidani, pittore e sceneggiatore, ma soprattutto medium: l’ultimo grande medium a effetti fisici, insieme a Roberto Setti del Cerchio Firenze 77, mancato prematuramente dieci anni prima. Dopo di loro, di quel livello non ce ne sono stati più. Demofilo Fidani era nato nel 1914. Quando lo conobbi, nel 1981, aveva 67 anni ed era un bel signore alto, distinto, simpatico, molto brillante e ironico nella sua tipica parlata romanesca. Io scrivevo allora per La Domenica del Corriere, lui aveva deciso di rendere finalmente pubblica la sua medianità che fino a quel momento era nota solo al ristretto gruppo di amici con i quali da decenni sperimentava, e aveva scelto me e il mio giornale, che riteneva il più adatto, per parlare di sé e far conoscere la straordinaria fenomenologia che grazie a lui si produceva. Fu così che andai a trovarlo, conobbi lui, sua moglie Mila, i suoi amici: fui accolta con semplicità e fiducia, come un’amica di vecchia data, e in casa Fidani mi trovai subito a mio perfetto agio. Grazie alla disponibilità dimostratami, potei raccogliere tante testimonianze e partecipare a parecchie sedute dove ebbi modo di vedere molte cose. Ne riporto qui una sintesi, cominciando dal modo insolito in cui Demofilo aveva preso coscienza della sua medianità. A vent’anni, mi raccontò, aveva cominciato a prendere parte a sedute di carattere familiare organizzate dal suo amico Renato Piergili, che divenne poi medico. Appassionato di spiritismo e medianità, molto preparato in materia e desideroso di sperimentare in proprio, Piergili aveva infatti invitato un gruppo di amici, tutti giovani sui vent’anni, a riunirsi periodicamente per tentare di fare delle sedute. All’inizio ottennero raps e movimenti del tavolo, poi gradualmente sempre di più; Renato preparò un cartellone con le lettere ed ebbero inizio le prime conversazioni. Si manifestarono le prime “guide”: “Beatrice”, che disse di essere stata una concertista di Torino vissuta nella seconda metà dell’Ottocento, e la sua amica “Eleonora” che in vita era stata modista. I dati delle due donne furono controllati e trovati esatti – e questi furono i primi fenomeni importanti ottenuti dal gruppo. Va detto che fino a questo momento Demofilo Fidani non si era affatto reso conto di essere lui il responsabile della fenomenologia: partecipava alle sedute come gli altri, non cadeva in trance, anzi era piuttosto scettico e critico. Col tempo però aveva cominciato a chiedersi chi poteva essere il medium – perché un medium doveva pur esserci, e Beatrice indicò proprio lui. Per controllo Demofilo provò a restare assente dalle sedute e si poté constatare che senza di lui non succedeva niente. Va a Renato Piergili il merito di aver saputo condurre Demofilo a una sempre maggior consapevolezza e a un affinamento graduale delle proprie capacità. Ebbero inizio le scritture automatiche e fu proprio mentre scriveva che Demofilo cadde per la prima volta in trance. E per decenni le sedute si sono svolte mentre Demofilo dormiva, e lui si dispiaceva molto di doversi accontentare di ascoltare le registrazioni e di vedere gli scritti e gli apporti senza partecipare consapevolmente a niente. Qualche anno prima che io lo conoscessi, aveva chiesto alle sue entità di poter partecipare da sveglio e loro lo avevano accontentato: poco per volta aveva cominciato a svegliarsi per qualche minuto, poi sempre più a lungo, finché aveva potuto stare sveglio per tutta la durata della seduta. Con la scrittura automatica arrivarono i primi messaggi di notevole valore etico. Si presentò intanto un altro spirito guida, che fornì molte prove di identificazione: disse di chiamarsi “Gino Begapese” e di aver avuto in vita una piccola legatoria in via del Pantheon. Il negozio non esisteva più da molti anni, ma un vecchio negoziante della zona affermò di ricordare bene un Gino Begapese che quando lui era ragazzino aveva una legatoria in quella strada. Dopo trent’anni Gino ha lasciato il posto a “Carlo”, che era ancora la guida del gruppo quando io cominciai a frequentare le sedute di Demofilo. Oltre agli spiriti guida, nel corso delle sedute si sono manifestate tante altre entità; soprattutto parenti e amici defunti dei presenti, che si esprimevano per voce diretta o scrittura diretta: fenomeni rarissimi che ben pochi medium sono stati in grado di produrre. Assistere a una seduta a voce diretta, una voce cioè che non si manifesta attraverso il medium, ma è indipendente da lui e scaturisce da diversi punti della stanza prendendo dal medium solo l’energia necessaria a manifestarsi, è un’esperienza particolare ed emozionante. Da Demofilo ho sentito voci squillanti e voci roche, voci di uomo, donna, vecchio, bambino, tutte diverse tra loro e molto caratteristiche: voci che rispondevano alle domande dei presenti, scherzavano, davano consigli, parlavano contemporaneamente a tu per tu con persone diverse, in colloqui individuali oppure si rivolgevano a tutti i presenti con parole di valore generale. Carlo addirittura mi concesse un’intervista rispondendo con spirito e disponibilità a tutte le domande che volli porgli. I discorsi svolti a voce diretta venivano spesso completati e integrati per iscritto: anche in questo caso con una modalità eccezionale, cioè con la scrittura diretta. L’idea di provare a ottenere questo fenomeno era stata come sempre di Renato Piergili, che aveva veramente l’animo del ricercatore. Fin dagli inizi dell’attività egli aveva infatti cominciato a mettere sui mobili fogli e matite. Per un certo tempo non successe niente, poi arrivarono dei segni, degli scarabocchi, delle lettere e infine dei messaggi firmati, vergati con calligrafie diverse tra loro e diverse da quelle dei presenti. Oltre che in italiano, anche in lingue straniere: inglese, tedesco, latino, francese, una volta anche maltese. Qualche volta arrivarono anche dei disegni riproducenti i volti delle entità. Quando cominciai a frequentare Demofilo, la produzione di scritture avveniva in questo modo: un pacco di fogli per macchina da scrivere veniva posto su un tavolino basso che stava in mezzo ai presenti (Demofilo assisteva sempre in disparte, seduto su un seggiolone appoggiandosi con le braccia a un tavolo che aveva davanti a sé: temeva sempre di andare inconsapevolmente in trance e non voleva correre il rischio di cadere). Accanto ai fogli, alcune penne dipinte con la vernice fosforescente, in modo da essere ben visibili. A un certo punto della seduta le penne si muovevano, si alzavano, si sentiva un velocissimo fruscio, lo scorrere rapido sulla carta: questione di pochi secondi, poi le penne ricadevano sui fogli e alla fine delle seduta, quando si riaccendeva la luce, si trovavano 8-10 fogli riempiti di scrittura: saluti per qualcuno dei presenti, esortazioni dello spirito guida, messaggi di tipo morale, comunicazioni personali per un membro del gruppo o anche per una persona assente. Sono arrivati anche messaggi firmati da personalità di grande spessore: Carducci, Leopardi, D’Annunzio, Trilussa, Kant e altri. In mia presenza arrivò un messaggio in tedesco firmato “Otto Bartoli”, un medico svizzero vissuto nel secolo scorso, che interveniva – mi dissero – abbastanza spesso. Tradotto, il messaggio era questo: “Osserva bene! Il gallo non inghiotte una sola goccia d’acqua senza rivolgere lo sguardo al cielo. E la colomba non becca un sol chicco di grano senza chinarsi verso la polvere in segno di preghiera. Ciò che essi fanno inconsapevolmente, tu fallo consapevolmente, affinché non ti debba vergognare davanti a loro!” Un altro messaggio in tedesco, a firma Rudolf Steiner recitava: “Come la cera, per sua natura rigida e friabile, con un po’ di calore diventa così duttile da poter assumere qualsiasi forma, così è possibile, con un po’ di cortesia e di amicizia, modificare perfino l’uomo cocciuto e ostile, come il calore fa con la cera”. Arrivederci – R. Steiner Nel 1980 fu chiesta alla presunta entità Einstein una definizione della scienza, e la risposta fu questa: “Nella mia vita nella materia sono stato come un fanciullo sulla riva del mare, divertendomi nel trovare di tanto in tanto un sassolino più liscio e una conchiglia più leggiadra del solito, mentre il grande mare, il grande, immenso, infinito oceano della verità mi stava ancora inesplorato dinanzi”. Le entità parlavano spesso di Dio, che chiamavano “la Grande Luce”. A una domanda sulla vita eterna si ottenne questa risposta: “La vita eterna è la cosa più sublime, più bella che ci possa essere. Essa non ha alcun riferimento col tempo materiale. È un continuo desiderio, una continua tensione dello spirito: un desiderio di amore, per conoscere sempre più e sempre meglio la bellezza impossibile a descriversi della Grande Luce”. Nelle sedute di Demofilo si producevano anche apporti, per lo più oggetti provenienti dal mondo della natura: conchiglie, fiori, sassi che cadevano dall’alto ed erano destinati a qualcuno dei presenti. Per me ci fu un sasso, che arrivò al buio producendo a mezz’aria un rumore simile a una fucilata. Lo trovammo sul tavolino al centro della stanza, profumatissimo: per anni ha conservato quell’aroma. Le sedute di Demofilo si concludevano sempre con una sua levitazione, che costituiva un fenomeno straordinario e per certi aspetti anche divertente. Demofilo me lo spiegò così: “Fino a non molto tempo fa alla fine delle sedute succedevano ancora dei fenomeni: raps, spostamento di sedie e suppellettili, sportelli che si aprivano. Tutte cose inutili, dovute evidentemente alla mia energia medianica ancora in azione e non sfruttata in modo intelligente. Io allora protestai e chiesi a Carlo se non fosse possibile un miglior uso di quei residui di energia medianica. Fui esaudito in una maniera superiore alle mie aspettative. Da allora infatti ogni mia seduta si conclude con la mia levitazione fino al soffitto, sedia compresa, e ritorno”. “Che sensazioni provi mentre vieni sollevato?” gli chiesi. “Ho sempre un po’ paura, sono emozionato. Sono certo che non mi succederà mai niente, che loro non mi lasceranno cadere, però non posso impedirmi di avere timore. E’ una curiosa sensazione sentirsi sollevare da mani invisibili così in alto…Poi la sedia spesso dondola… insomma, non vedo l’ora che mi posino per terra!” Ho assistito alcune volte alle “ascensioni” di Demofilo, che pur avvenendo al buio potevano essere seguite in quanto egli spesso veniva illuminato da luci medianiche; e allora lo si poteva vedere benissimo sollevato a mezz’aria, ricavandone un effetto quantomeno sconcertante! Che la levitazione avvenisse realmente, anche se non è mai stata documentata da fotografie, è cosa che nessuno dei partecipanti ha mai messo in dubbio: la voce di Demofilo, che commentava il fatto con apprensione raccomandandosi di essere riportato giù sano e salvo, veniva chiaramente dall’alto, spesso nello scendere i piedi della sedia o quelli di Demofilo finivano addosso a qualcuno, lo spiraglio di luce che penetrava dalla finestra socchiusa consentiva di vedere la sagoma di Demofilo che veniva portata in alto e poi riportata a terra. In più c’erano le luci medianiche. Il caso Aldo Giuffrè A questa rapida carrellata voglio aggiungere la descrizione di un fatto avvenuto in casa di Demofilo Fidani nel maggio 1982, me presente, che ha avuto come protagonista il noto attore teatrale e cinematografico Aldo Giuffrè, che gentilmente mi ha autorizzato a pubblicarlo. Come molti ricorderanno, nell’inverno del 1981 Liana, moglie di Aldo Giuffrè, era morta in un incidente stradale mentre viaggiava su una macchina guidata dall’attore Gino Bramieri. Quella morte prematura e improvvisa aveva lasciato Giuffrè inconsolabile e nella sua ricerca di un possibile contatto con sua moglie si era messo in contatto con me, che poco tempo prima avevo scritto per La Domenica del Corriere vari articoli su Roberto Setti e il Cerchio Firenze 77, perché facessi il possibile per farlo partecipare a una seduta. Giuffré e sua moglie credevano in questa fenomenologia e ne avevano anche qualche esperienza. Telefonai a Luciana Campani, sorella di Roberto, le spiegai la situazione e Aldo fu invitato. Però nonostante la buona volontà di tutti non fu possibile arrivare a un incontro per gli impegni teatrali di Giuffrè. Questo avveniva nella primavera del 1981, da allora non avevo più avuto sue notizie. Ed ecco che alla fine di maggio 1982 io partecipo a una seduta di Demofilo. Come al solito, quando si riaccendono le luci troviamo diversi fogli scritti con calligrafie varie: messaggi rivolti ai presenti o a persone assenti che tramite i partecipanti avevano rivolto domande alle entità. Uno di questi fogli tuttavia risultava incomprensibile: iniziava con le parole “Mio caro Aldo” ed era firmato “Liana”. Solo dopo un pezzo mi resi conto che il messaggio poteva essere per Aldo Giuffrè. Questo il testo: “Mio caro Aldo, so che tu cerchi un mezzo di consolazione, ma credimi che nessuno giova ai bisognosi, soprattutto quando uno spirito come il tuo deve ancora superare uno stadio che poi lo conduce alla rassegnazione. Importante è che tu sappia intanto che io ti sono molto vicina e soprattutto ti esorto a non abbandonarti dal lato fisico, perché la materia deve fare il suo corso. Sappi, carissimo Aldo, che io non ho sofferto nulla e non ho alcun risentimento per nessuno. Ti abbraccio forte forte e mando il mio amore a chi ha ancora un buon ricordo di me. Tua Liana per sempre”. Inutile dire che questo messaggio costituì una enorme sorpresa per tutti. Subito lo comunicai a Giuffrè che lo accolse con gioia e commozione. Poco tempo dopo si incontrò con Demofilo e a breve scadenza partecipò a una seduta insieme a Milena, sorella di Liana. In quell’occasione arrivò un altro messaggio e addirittura si sentì la voce di Liana, che esortava a credere nella vita dopo la morte e alla propria costante vicinanza. In seguito Aldo Giuffrè mi ha scritto una lunga lettera per parlarmi delle sue impressioni: ne riporto qualche stralcio: “La prima cosa che mi è parsa straordinaria è stata la casualità con la quale sono venuto in contatto con Demofilo Fidani. Per impegni di lavoro per un anno non ero riuscito ad andare a Firenze; e quando finalmente libero dal lavoro stavo per contattati di nuovo per chiederti cosa dovessi fare, tu mi hai telefonato per darmi la notizia sconcertante e meravigliosa del messaggio di Liana. Quello che mi ha sconvolto è stato questo contatto inaspettato, non cercato in quel momento, e che io attribuisco alla volontà di Liana di cercare una strada, l’unica forse che potesse portarmi la sua parola. Evidentemente aveva capito che l’unica persona che potesse farmi giungere quel messaggio eri tu, con cui avevo avuto dei contatti…” Durante la seduta la voce di Liana era stata riconosciuta da Aldo e dalla sorella. Liana aveva rassicurato i suoi cari della sua condizione, aveva detto di essere felice e aveva tenuto a “ringraziare Sandra”. Sandra, mi spiegò Aldo, era una signora che dopo la morte di Liana era entrata in casa Giuffrè per occuparsi dell’andamento domestico e della figlia ancora ragazzina. “Liana non l’aveva conosciuta, non sapeva neppure della sua esistenza. Anche questo ringraziamento a Sandra mi è sembrata una cosa straordinaria”, concluse Aldo Giuffrè. Di episodi di questa qualità è stata costellata l’esperienza medianica di Demofilo Fidani. Di uno dei più eclatanti tratta l’articolo di Silvio Ravaldini. Il caso De Boni: verifica grafologica di una “scrittura diretta” di Silvio Ravaldini Nel settembre 1986 moriva a Verona il dottor Gastone De Boni, che tutti gli aderenti alla Fondazione ben conoscono. Poco tempo dopo sua figlia Lina partecipò ad alcune sedute di Demofilo Fidani, nel corso delle quali giunse per scrittura diretta un messaggio di Gastone. Tale grafia, confrontata con quella autografa, apparve subito sorprendentemente uguale. Ma il nostro giudizio non aveva alcun valore probativo non avendo noi alcuna competenza in grafologia. D’accordo con Lina De Boni, decidemmo allora di far esaminare questa scrittura diretta da esperti qualificati. Inviammo quindi all’Istituto Grafologico Girolamo Moretti di Urbino due campioni di scrittura: uno, autografo, tolto dal quaderno di appunti del quale Gastone De Boni si era servito negli ultimi tempi di vita per aggiornare il suo noto volume L’uomo alla conquista dell’anima; l’altro, la scrittura diretta ottenuta nel corso della seduta del 7 novembre 1986. Il quesito posto all’Istituto Grafologico, al quale non fu fornita alcuna notizia circa la provenienza dei reperti inviati, fu questo: “Si desidera sapere se i due scritti appartengono alla stessa persona”. In data 1° marzo 1988 l’Istituto Grafologico rispondeva con una lettera confermando che i due scritti erano da attribuirsi a una sola persona e chiedendoci alcuni dati aggiuntivi qualora avessimo desiderato una relazione motivata. Trasmettemmo le notizie richieste, specificando che si trattava di un uomo affetto da morbo di Parkinson (i disturbi psicomotori erano per altro già stati rilevati dal grafologo), che il primo scritto, quello su carta rigata, era stato eseguito dal soggetto all’età di 76 anni (quando De Boni stava aggiornando il suo libro), mentre l’altro, quello su carta bianca, era stato eseguito all’età di 78 anni (De Boni morì a 78 anni e la sua scrittura diretta era stata ottenuta 45 giorni dopo il decesso). Dell’ultimo scritto si tacque ancora la provenienza. (nell’articolo originale sono anche riprodotte le due lettere dell’Istituto Moretti, con parere peritale che conferma che i due scritti provengono da unica mano). Di fronte a un fenomeno che ha riscontri oggettivi più unici che rari, ci si può chiedere come esso si produca; si potrebbe infatti pensare anche a un falso perpetrato da un medium o da qualcuno d’accordo con lui. Ma la relazione peritale sotto riprodotta afferma chiaramente il contrario. Poiché il soggetto era affetto da morbo di Parkinson, il grafologo specifica che “va escluso un imitatore non affetto da tale morbo”. Inoltre la relazione si sofferma sulle caratteristiche delle due scritture, che si presentavano analoghe, in particolare per quanto riguardava la “pressione” e i “gesti fuggitivi”, aggiungendo: “sono questi ultimi dei gesti cui nessun imitatore avrebbe pensato perché era più semplice costruire una lettera che, pur fatta con stentatezza, fosse stata ben leggibile nella sua conformazione calligrafica”. La perizia del grafologo termina con le parole: “Sulla base di tutti questi rilievi tra loro solidali si deve concludere con certezza per l’analogia, cioè che i due scritti appartengono a una stessa persona”. In altre parole: la relazione peritale eseguita dall’Istituto Grafologico Moretti ci fornisce la conferma della sopravvivenza della personalità “Gastone De Boni” al processo trasformativo della morte. Bibliografia– “Il Medium esce dal Mistero” (1986); I suoi primi due libri hanno ottenuto per due anni consecutivi (19esima e 20esima edizione) il Premio Levanto per il loro alto contenuto morale. |
Fonte: http://vitadopovita.jimdo.com/libri-consigliati/fidani-demofilo/
Fonte: rivista “Luce e Ombra”
Fonte: varie dal web
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