* LEON ΡΕΤITJEAN *( ? ) |
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![]() Pubblicista francese dell’inizio del secolo. Petitjean era spiritista e dedito alla scrittura automatica. Un giorno però, inaspettatamente, pur non avendo alcuna attitudine al disegno, cominciò a tracciare raffinatissime figure simili a merletti, raffiguranti paesaggi fantastici e personaggi drappeggiati in vesti preziose. Lo stile, del tutto inusitato per un artista di quel tempo, anticipa la pittura astratta. Leon Petitjean visse a Parigi tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 ed era un noto pubblicista. Sulla sua attività nel campo dell’arte medianica non abbiamo che le poche notizie che egli stesso fornì di sé negli Annales des Sciences Psychiques (Parigi 1911). Tuttavia la sua produzione è cosi originale che vale veramente la pena che se ne parli; in più, ritroveremo certi particolari caratteri dei suoi disegni in altri artisti, più moderni: i francesi Raphael Lonné e Laure Pigeon e gli italiani Luisa Giovannini e Narciso Bressanello. Lo stesso intrigo sottile ed elegante di linee, che cela però in sé un ben disposto ordine “interno”, e una simmetria tutta speciale; lo stesso emergere di volti enigmatici e teste di animali dai motivi decorativi del disegno. Simile a Petitjean è soprattutto il veneziano Bressanello: i disegni di entrambi questi artisti paiono merletti e sono costruiti con la medesima tecnica – più equilibrata e pacata in Petitjean, piu nervosa, tormentata, scattante in Bressanello, come si può ben rilevare dalle riproduzioni delle loro opere. Petitjean era dunque pubblicista e si occupava attivamente di spiritismo, come era abbastanza abituale al suo tempo; partecipava regolarmente a sedute medianiche, e fu appunto nel corso di queste che vennero a galla le sue doti di automatista, che si espressero sotto forma prima di scrittura e poi di disegno. Petitjean era del tutto digiuno d’arte e tuttavia fu improvvisamente in grado di eseguire disegni notevolmente complicati, che denotano una tecnica consumata, originalissimi nella concezione e per di più in uno stile inconcepibile per un artista dell’epoca: tutto questo a velocità sostenuta e senza mai operare correzioni. Ecco il racconto di Petitjean stesso: «Una volta si ripresentò l’entità benevola che continua a ripetermi di essere lo spirito di mia madre, io le domandai se non fosse possibile ottenere qualcosa di diverso dalle comunicazioni scritte. Non avendo mai avuto alcuna attitudine per il disegno, sarebbe stato curioso che io riuscissi a tracciare con la penna o la matita qualcosa di simile a una figura o a un paesaggio. Mia madre mi fissò un appuntamento per qualche giorno dopo, e all’ora stabilita mi annunciò secondo l’uso: “Lo spinto è qui!”. Io ricevetti allora la rappresentazione molto rudimentale di un personaggio avvolto in drappeggi, che mi fu detto essere uno spirito rivestito della sua veste fluidica. Altri tracciati, sempre più sovraccarichi di linee, mi furono trasmessi in seguito nelle ore di comunicazione; lo spirito che me li comunicava mi veniva ogni volta presentato – se così si può dire – come mia guida. I disegni si perfezionarono, si ingrandirono, si complicarono sempre più, rappresentando paesaggi fantastici dominati da uno o più personaggi in turbanti e vesti drappeggiate, con trine di grande finezza; nel disegnare, la mia mano andava con facilità e regolarità da un capo all’altro del foglio di carta. Questi disegni, che sono già cosa stupefacente data la mia incapacità di disegnare, furono sostituiti in seguito da altri, di modello ancora più grande (60×45 cm), d’uno stile sconosciuto e impossibile ad immaginare per un artista moderno. Tutte le persone competenti cui li ho mostrati sono state concordi nell’ammettere che io non avrei mai potuto progettare delle composizioni di questo genere — un disegnatore esercitato impiegherebbe mesi a riprodurle, mentre la mia mano, guidata da un impulso sconosciuto, ha fissato ciascun disegno sulla carta in 30 ore circa, in sedute che andavano da un’ora e mezzo a due ore. Queste prove sono le più serie che io abbia potuto ottenere sull’esistenza di una forza intelligente, al di là del subliminale esteriorizzato. Mi pare impossibile che il subconscio, agendo solo, possa produrre tali effetti. Quando mi capita di lasciar operare la mia mano senza concorso dell’entità invisibile, non ottengo che scrittura informe, parole illeggibili o linee sconnesse e senza alcun rapporto coi disegni sopra descritti». Questo il racconto di Petitjean, che costituisce l’unico materiale di si dispone per questo interessantissimo artista. Anche in questo artista si riscontrano i classici elementi dell’arte medianica: seduta spiritica, esplosione improvvisa di capacità artistiche in persona che mai si era sognata di possederle, convincimento di essere guidati da entità invisibili, grande sicurezza e rapidità nell’esecuzione. Tutte le sue opere, tranne quella della collezione abcd, sembrano essere scomparse. Un altro disegno è stato riprodotto nel Minotaure (André Breton, “Le message automatique”, in Minotaure , n. 3-4, 1933, 2a tiratura Ginevra, Skira, 1981, p. 58). |
Fonte: ARTE MEDIANICA – Paola Giovetti – Ed. Mediterranee 1982 – ISBN 9788827206690
Fonte: https://abcd-artbrut.net/en/collection/petitjean-leon/
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