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SPIRITUALITÀ E MUSICA

Tutte le culture concordano sull’idea del suono (vibrazione) come origine del Tutto. “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”. (Gv 1,1)

In principio era il Verbo… la parola, il suono, l’energia, la vibrazione. La vibrazione (suono) è origine e permea ogni cosa. Nella letteratura Sufi si parla di vibrazioni sottili, più elevate, e vibrazioni grossolane, più basse. Per rimanere nell’ambito dell’uomo, le prime vibrazioni, sottili, costituirebbero via via le intuizioni, le emozioni, i pensieri, ecc.; le vibrazioni grossolane, costituirebbero il mondo tangibile o materiale (una sedia, un cuore, un albero, il corpo umano…). Ogni cosa, vibra con una propria frequenza ed emette un suono.

Negli scritti di Georges Ivanovic Gurdjieff, si trovano molti accenni alla musica ed in particolare a ciò che lui chiamava “musica oggettiva”. Si racconta di monaci orientali al cui canto, un gruppo eterogeneo di persone si ritrova a piangere di commozione o di rabbini ebrei che con i loro canti sarebbero in grado di far crescere velocemente delle piante (dal libro: “Frammenti di un insegnamento sconosciuto”). Si racconta di fenomeni fisici ben precisi, determinati da una sequenza di suoni (dal libro: “I racconti di Belzebù a suo nipote”). Gurdjieff spiega che, sin dai tempi di Pitagora, la musica, come altre forme artistiche quali il teatro o la danza, era utilizzata da un gruppo di iniziati, gli “Aderenti al Legamonismo” per trasmettere la conoscenza tramite messaggi sonori che gli iniziati del futuro avrebbero potuto decifrare. Questa musica, sarebbe stata in grado di provocare degli effetti oggettivi su qualsiasi ascoltatore e si dice che Pitagora avesse inventato una musica capace addirittura di curare le malattie.

Secondo Gurdjieff la musica, attraverso le sue vibrazioni, produce sugli uomini delle impressioni che agiscono in qualche modo sulle vibrazioni energetiche dei corpi non soltanto fisici e lo dimostrò in diverse occasioni. Una volta, fece cadere in trance una ragazza che aveva appena incontrato, suonando un particolare accordo al pianoforte. Anche la musica che compose per accompagnare l’esecuzione di particolari danze sacre da lui create, chiamate “Movimenti”, doveva essere strutturata in modo tale da generare sull’ascoltatore gli effetti voluti. Tutto ciò fa pensare che questo “mistero” non nasconda solo dei sofisticati e fantastici fenomeni di fisica, ma che i frammenti raccolti siano la punta di un mistero ancora più grande e che qualcos’altro sia in attesa del cercatore che vorrà dedicarsi alla sua scoperta.

La musica quotidianamente ci circonda e in essa siamo anche, nostro malgrado, immersi e tutta la musica esiste come manifestazione di qualcosa di soprannaturale, di spirituale e di invisibile. Quante volte ascoltando un brano musicale che in passato è stato associato ad un particolare evento o emozione ci ritroviamo a vivere quelle stesse emozioni? Queste energie e queste forze sono evocate dal suono stesso per cui una musica di un certo tipo porta inevitabilmente con sé quelle situazioni, quelle emozioni, quei pensieri e quelle sensazioni a cui essa è inscindibilmente legata.

La musica è essenzialmente vibrazione: un andirivieni di particelle sonore che si muovono in continuazione, come del resto si muove tutto ciò che esiste, dato che il movimento è vita ed ogni vibrazione, ogni tipo di movimento rappresenta una cosa, un’entità, un modo di essere, di vivere e di concepire la realtà nella quale viviamo. Il suono, la vibrazione, è presente dappertutto: nella formazione delle galassie, nella struttura di un essere umano o nella struttura dell’atomo. E poiché il suono è vibrazione, ogni vibrazione ha un effetto preciso sulle cose. Se ne può avere un esempio con gli esperimenti dello scienziato giapponese Masaru Emoto.

Egli ha messo a punto una tecnica che ha consentito di scoprire e di ammirare i molteplici segni del linguaggio figurativo con cui l’acqua risponde agli stimoli esterni. Attraverso tale tecnica è possibile fotografare i cristalli ottenuti dal congelamento di acqua sottoposta alle vibrazioni non solo di parole o brani musicali, ma anche di pensieri e stati d’animo. L’acqua è infatti in grado di registrare la vibrazione di una energia estremamente sottile, definita nella cultura giapponese “Hado”.

I risultati degli esperimenti da lui condotti dimostrano che i cristalli dell’acqua modificano la propria struttura in relazione ai messaggi che ricevono. L’acqua sottoposta alle vibrazioni di parole e pensieri positivi forma dei cristalli bellissimi simili a quelli della neve, l’acqua sottoposta alle vibrazioni di parole e pensieri negativi reagisce creando strutture amorfe e prive di armonia.

Essendo il corpo umano composto per l’80% circa di acqua, si intuisce quale impatto può avere sull’essere umano l’ascolto di un tipo di musica rispetto ad un altro. Una strofa della canzone “l’Arcobaleno” (canzone che ha una genesi particolare)¹, cantata da Adriano Celentano dice: “…ascolta sempre e solo musica vera e cerca sempre se puoi di capire…”

Questi effetti erano noti sin dall’antichità: anche nell’Antico Testamento si parla delle trombe che distrussero le mura di Gerico col loro squillo: certamente quello squillo conteneva la vibrazione corrispondente allo schema di costruzione delle mura di Gerico, per cui il muro, dietro sollecitazione della sua stessa struttura, finisce col distruggersi.

Questo è il vero potere della musica che il maestro Gurdjieff chiamava “musica oggettiva”, cioè musica non legata alla soggettività del sentimento o della sensazione, per tutti diversa, ma musica legata alla realtà oggettiva. Tale musica così concepita riusciva, per esempio, a far piovere in un giornata di sole (la danza della pioggia degli antichi indiani d’America non è una leggenda), ad indurre una persona al pianto o alla preghiera.

La “Legge dell’Ottava” afferma che tutte le cose hanno uno sviluppo, un cammino di evoluzione ed involuzione, nulla rimane mai immobile, e questo continuo movimento è simile allo sviluppo della scala musicale: si passa da un grado di esistenza ad un altro, per passaggi intermedi, fino ad arrivare al punto di partenza ma con una consapevolezza (o con un’ignoranza) due volte superiore, per cui si dice che si vibra all’ottava superiore.

I brani che troverete in questa sezione del sito non si riferiscono certo alla “musica oggettiva” di Gurdjieff, ne abbiamo parlato solo per mettere in risalto ciò che un determinato tipo di musica può provocare, ma sono solo brani che, per quanto ci riguarda, hanno provocato in noi bellissime sensazioni ed emozioni.

Buon ascolto…

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1 – (di Maria Cristina Corvo) – Dopo la morte di Lucio Battisti (9 settembre 1998), Mogol non ha mai smesso di sentire quel suo amico vicino a lui, ma certo non era preparato ad alcuni fatti postumi poi accaduti e che iniziano con una pittrice italiana residente in Spagna che, sensitiva per dono, aveva chiamato la sua segretaria per darle un messaggio diretto a lui, da parte di Lucio Battisti. Una telefonata strana che Mogol non aveva preso in considerazione più di tanto. Ma l’interlocutrice era stata chiara: Lucio Battisti voleva che lui facesse una canzone intitolata “L’arcobaleno”. Raccontava di aver visto, nel bagno di casa sua, un grande arcobaleno partire dallo specchio ed inarcarsi fino ad un mobile bianco. Diceva di aver sentito interiormente la voce di Lucio Battisti che, un giorno, l’invitava di entrare in una libreria, indicandole uno scaffale ed un libro bel preciso, intitolato “Oltre l’arcobaleno”. Gli diceva ancora che questa canzone doveva essere semplice, basata su sole due note.

Mogol, scettico e realista, si lascia subito alle spalle questa strana donna. Poco tempo dopo riceve un fax da una sua amica: vuole avvertirlo che deve subito andare a guardare la copertina della rivista “Firma”, il mensile del Dinners Club. C’è un’immagine di Lucio Battisti con un enorme arcobaleno alle sue spalle. Il direttore della rivista, Giulio Caporaso, racconta di aver sognato Lucio Battisti dopo una serata organizzata in Campidoglio in onore del grande cantante. Alle quattro del mattino dopo, improvvisamente si sveglia con questo sogno molto chiaro nella sua mente.

È talmente chiaro che lo scrive subito, quasi di getto, rammentando benissimo il momento dell’arcobaleno perché è l’apertura di tutto il sogno e rappresenta l’alleanza tra Dio e l’uomo. Lo dice chiaramente anche Lucio, insieme a tante altre affascinanti affermazioni spirituali su Dio, il mondo, la preghiera e la serenità interiore. Giulio Caporaso, nella copertina del giornale, decide: vuole un arcobaleno alle spalle di Lucio Battisti. È un sogno, è una misteriosa intervista, ma è bella da leggere.

Lo scettico Mogol, di fronte a questo secondo episodio che parla di un arcobaleno, inizia a vacillare, ma resiste. Poi però a degli amici fidati racconta questi strani accadimenti. Questi amici sono Claudia Mori, Adriano Celentano e Gianni Bella. Quest’ultimo ascolta e gli porge una cassetta: “È un provino musicale, è una melodia che ho fatto basandomi su gruppi di due note. Non ha ancora un testo. Ascoltala. Chissà che…”

L’ascolta in auto e subito, in un quarto d’ora, detta le parole che gli vengono incontro. Così. Velocemente. Naturalmente. Tutto stava avvenendo come se il suo vecchi amico gli stesse chiedendo di scrivere una canzone con le parole che lui sapeva Lucio gli avrebbe detto. Lucio Battisti non voleva una canzone dedicata a lui. Voleva che fosse dedicata a Mogol. Voleva dirgli delle cose. In poche parole Mogol avrebbe dovuto sapere cosa dirsi. È un’esperienza così semplicemente contorta e così misteriosamente affascinante, che io non l’ho più dimenticata. Tanto meno il suo finale.

In un tardo pomeriggio, Mogol sta tornando da Roma verso casa sua. Inizia a cadere una pioggerellina primaverile. È il tramonto e sul lato destro dell’autostrada si alza un arcobaleno! E’ nitido, parallelo al loro percorso. Poi subito un altro da sinistra. Sembra quasi una luminosa scorta. Pian piano l’arcobaleno di destra inizia a scivolare sull’asfalto e va ad appoggiarsi sulla sua automobile. Come fosse una fascia di colori meravigliosamente spruzzati sul cofano. L’effetto è ipnotico, affascinante, misterioso ed incantevole. Immerso in questo tornado di emozioni, Mogol si convince di aver scritto una bellissima canzone con il sapore di Lucio Battisti.

Una notte Adriano Celentano, da solo, nel suo studio di registrazione, prenderà la musica di Gianni Bella, il testo di Mogol, l’amicizia per Lucio Battisti e la canterà, registrandosi. Verso la fine si commuoverà pure. Quell’anno deciderà che nel suo album “Io non so parlar d’amore”, aggiungerà anche questo brano: “L’Arcobaleno”. La registrazione sarà quella fatta da solo, in quella notte, a casa sua, con l’emozione alle stelle.

Questo il testo della canzone, le cui parole sono quanto meno significative:

“Io son partito poi così d’improvviso, che non ho avuto il tempo di salutare,
istante breve, ma ancora più breve, se c’è una luce che trafigge il tuo cuore.
L’arcobaleno è il mio messaggio d’amore, può darsi un giorno ti riesca a toccare,
con i colori, si può cancellare, il più avvilente e desolante squallore.
Son diventato sai tramonto di sera, e parlo come le foglie d’aprile,
e vibro dentro ad ogni voce sincera, e con gli uccelli vivo il canto sottile,
e il mio discorso più bello e più denso, esprime con il silenzio il suo senso.
Io quante cose non avevo capito, che sono chiare come stelle cadenti,
e devo dirti che è un piacere infinito, portare queste mie valigie pesanti.
Mi manchi tanto amico caro davvero, e tante cose son rimaste da dire,
ascolta sempre e solo musica vera, e cerca sempre se puoi di capire”.

Fonte: https://it.zenit.org/articles/mogol-lucio-battisti-ed-un-misterioso-messaggio-damore/

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